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Linkare non fa rima con piratare. È destinata a fare la gioia di migliaia di blogger e milioni di
utenti delle più affollate piattaforme di social network la sentenza con la quale la Corte di
Giustizia dell’Unione Europea ha messo nero su bianco un principio che sin qui è stato alquanto controverso.

Il proprietario di un sito Web può, senza l’autorizzazione del titolare del contenuto, reindirizzare utenti Internet attraverso collegamenti ipertestuali a opere protette da copyright accessibili gratuitamente su un altro sito.

I supremi Giudici europei, nella loro decisione, ci hanno tenuto a precisare che un link resta un link
anche quando cliccandoci sopra il contenuto appaia ospitato all'interno del sito del soggetto che ha pubblicato il link.

Il tutto nasce dal fatto che gli utenti ai quali si propone il link sarebbero comunque liberi di accedere
al contenuto, ad esempio attraverso un comunissimo motore di ricerca.

Il link presente su un sito "pirata" (1) porta alla medesima risorsa raggiungibile con un comunissimo motore di ricerca (2)

La funzione appellativa (in sintesi il classico clicca qui) che viene proposto sui siti privati viene quindi equiparato al link ipertestuale presente sulle principali directories e motori di ricerca.



La Commissione Europea ha proposto una direttiva sull'accessibilità dei siti Web degli enti pubblici che prevede, a partire dalla fine del 2015, l'introduzione di elementi di accessibilità obbligatori e uniformati per diverse tipologie di siti internet.

Il concetto di accessibilità del Web rimanda, come sappiamo, ai principi e alle tecniche cui attenersi nella costruzione di siti internet per rendere il contenuto di tali siti accessibile a tutti gli utenti, in particolare alle persone con disabilità.

In questo ambito esistono già orientamenti riconosciuti a livello internazionale e neutri sul piano tecnologico: si tratta dei criteri di successo e dei requisiti di conformità al livello AA contenuti nella versione 2.0 delle Linee guida per l'accessibilità dei contenuti Web (Wcag 2.0) emanate dal World Wide Web Consortium (W3C). 

Ma la Commissione Europea vuole andare oltre a questi standard: le nuove norme chiarirebbero infatti a livello istituzionale il significato di accessibilità del Web (specifiche tecniche, metodo di valutazione, relazioni, verifica bottom-up) e incoraggerebbero le amministrazioni pubbliche ad applicare le norme in tutti i servizi, non limitandosi all'elenco obbligatorio.

Auguriamoci dei risultati confortanti in tempi brevi.